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27.03.2025

Più chiarezza dopo lo scandalo cum-ex 

Circa dieci anni fa un grande scandalo fiscale, noto con il nome di «cum-ex», ha scosso l’opinione pubblica. I truffatori hanno sfruttato lacune normative in Germania, Francia, Paesi Bassi o Italia per richiedere in tali Stati rimborsi fiscali per imposte in realtà mai pagate. Di conseguenza anche le autorità in Svizzera hanno iniziato ad adottare un atteggiamento estremamente guardingo. Il Tribunale federale ha ora emesso per la prima volta una sentenza a favore di un contribuente, lanciando così un importante segnale. 

In parole semplici, l’abuso cum-ex funzionava così: il giorno di riferimento per lo stacco dei dividendi le azioni venivano acquistate e rivendute con una velocità tale da rendere estremamente opaco a chi appartenessero. Vari operatori presentavano poi richieste multiple per una tassa pagata in realtà una sola volta. Gli Stati in questione hanno così perso miliardi. 

Di conseguenza, autorità e tribunali hanno assunto un atteggiamento di massima cautela sul versante delle restituzioni d’imposta. Questo fenomeno ha riguardato anche la Svizzera, sebbene qui da noi siano state adottate opportune contromisure già in una fase precoce per contrastare simili abusi. Per poter ottenere il loro rimborso fiscale legittimo, gli investitori esteri in azioni od obbligazioni svizzere dovevano spesso compilare complessi questionari e fornire numerose prove. In molti casi gli investitori sono rimasti a lungo addirittura nella totale incertezza circa la possibilità di recuperare il proprio denaro. 

Un simile scenario ha avuto ripercussioni negative non soltanto per gli investitori, ma anche per l’intera piazza economica elvetica. Chi infatti è propenso a investire in un Paese se non può essere nemmeno certo che gli verrà rimborsato il 20% di imposte sulle distribuzioni riscosse? 

Il Tribunale federale ha ora emanato una sentenza riguardante un caso importante: un istituto finanziario danese che aveva investito in titoli di Stato svizzeri ha effettivamente diritto al rimborso dell’imposta preventiva. Il Tribunale ha stabilito che il rischio d’investimento era in capo all’istituto stesso e che quest’ultimo non era tenuto riversare interessi e imposte in capo ad altri soggetti. 

Tale decisione rappresenta un segnale positivo per tutti coloro che intendono investire correttamente in valori mobiliari di diritto svizzero. Viene così ripristinato un pezzo significativo di certezza del diritto e si dischiude la prospettiva che la situazione per gli investitori migliori ulteriormente. 

TributariaInsight

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